Marco Magrini


Nel museo
Pesci del Nilo
2010
Terracotta smaltata
ø cm 40
Opera acquisita nel 2011
Critica
Il primo elemento che si avverte di fronte all’opera di Marco Magrini, sia che si tratti di pittura, scultura o ceramica, è la carica di vitalità racchiusa nell’immagine, che risulta sempre agitata e tenuta sospesa in una continua possibilità di variazione, come può essere una forma al limite del movimento.
A volte, persino le forme infrante e disperse, tendono ad aggregarsi in una costruzione nuova, che si svolge su tutta la superficie e dentro tutto lo spazio del supporto, in una tumultuosa danza di frammenti inseriti in un’atmosfera che diviene vortice.Le sue immagini compatte o puntiformi sono proiettate verso l’espansione e la proiezione, alla ricerca continua di nuovi spazi da invadere, non riconoscendo più i propri limiti che possono continuamente essere spostati.
Biografia
(Milano, 1945) figlio d’arte (la madre è maestra ceramista in terzo fuoco), compie studi classici e artistici (storia dell’arte, architettura, pittura, tecniche e materiali). Come scultore approfondisce l’uso del ferro, del legno, del bronzo e del vetro. mentre come pittore utilizza tempere, acquarelli, acrilici, inchiostri e pastelli su carta. Si dedica alla ceramica decorando, incidendo e poi smaltando soprattutto piatti in secondo fuoco.
Un breve profilo del suo lavoro potrebbe essere così sintetizzato: «Visto che è una sua caratteristica particolare quella di muoversi e spaziare da un materiale all’altro, e, di conseguenza, da una tecnica all’altra, sia in pittura che in scultura, vale la pena di sottolineare il bisogno che sente spesso di esprimersi e interpretare situazioni e oggetti assai differenti. Comunque, indipendentemente dal tipo e dal materiale che funge da supporto, bronzo, carta o ceramica, la sua preoccupazione principale riguarda sempre i contenuti e quello che segue è solo una sommaria indicazione del tutto: dare forma alle ombre, ai sogni e ai progetti; le impronte nella sabbia, le armi antiche, gli specchi e i loro riflessi, gli orecchi e gli occhi, gli autoritratti, i lineamenti delle persone che ama, il corpo e i suoi movimenti, tracce di animali nella neve, animali mai esistiti prima, pesci d’acqua dolce, la figura del faraone, la dea Iside, gli scudi e gli elmi, gli insetti (soprattutto api e vespe), i gioielli, il ricordo di piccoli oggetti/giochi che costruiva da bambino, spazi architettonici insoliti, i babbuini come dei, gli acrobati e la precarietà degli equilibri, la fonte di Narciso e l’acqua, il fuoco che è il suo opposto, il senso del tatto che abbiamo perduto: tutto ciò a rappresentare l’abitudine di vedere oltre la superficie delle cose stesse… Questo e molto altro ancora».
Dal 1965 i suoi lavori sono esposti in gallerie private, fondazioni e musei in numerose mostre collettive e in oltre sessanta mostre personali in Italia, Svizzera, Spagna, Belgio, Olanda, Germania, Francia, Austria, Giappone, Tunisia, Islanda, Svezia, Egitto, Grecia, Stati Uniti, Inghilterra, Slovenia, Hong Kong. Vive e lavora a Milano.